03 FEBBRAIO 2020

Contro fake news e anti-scienza l’università corre ai ripari. A Bologna

arrivano i corsi che aiutano a ragionare.

DI ILARIA VENTURI

Non ragioniamo sempre correttamente, inciampiamo in errori che ci portano a

credere, per esempio, che se uno straniero ruba allora tutti gli stranieri sono ladri.

Tecnicamente, quello che certa politica cavalca colpendo alla pancia, si chiama

generalizzazione indebita. Fallacie del pensiero sempre più diffuse. Ma anche, ci

ha appena ricordato l’ultimo rapporto Ocse-Pisa, l’esistenza di un problema serio

di comprensione: solo un quindicenne su venti sa distinguere tra fatti e opinioni

quando legge un testo a lui non familiare. Anche per questo l’università corre ai

ripari. Il senato accademico dell’ateneo di Bologna ha deliberato l’avvio di due

corsi, offerti dal prossimo anno agli studenti di tutte le Facoltà, in Critical

Thinking e in Dialogical Literacy. Danno sei crediti e sono trasversali alle

discipline. Il motivo? Abituare gli studenti ad argomentare servendosi di buone

ragioni e a confrontarsi magari senza attaccare l’avversario sul piano personale,

tecnica assai diffusa nelle tribune politiche, ma semmai le sue argomentazioni.

«La nostra comprensione del mondo è plasmata dalle informazioni che

acquisiamo. Non c’è modo di aggirare il problema delle fake news, lo devi

affrontare. In questo aiuta il pensiero critico, che è cruciale per comprendere

pienamente la condizione umana. Un ruolo che l’università deve assumere:

fornire agli studenti gli strumenti per capire la realtà e per relazionarsi ad essa»

spiega Sebastiano Moruzzi, professore di Filosofia del linguaggio e ideatore del

progetto all’Alma Mater. Insomma, essere in grado di sapere quello che fai quando

ragioni aiuta a ragionare bene. Un’emergenza particolarmente sentita rispetto alle

bufale anti-scientifiche, dai no-vax ai terrapiattisti, e all’irrazionalità di massa

moltiplicati tramite i social. Per evitare falli del pensiero, si studierà Socrate e il

dialogo nel web, si terranno laboratori a partire da film e opere d’arte, si discuterà

di deduzioni errate o di generalizzazioni.

Un esempio? Quando si giunge ad una conclusione da una statistica che usa un

campione non valido: tutte le persone che conosco qui a Manhattan voteranno

per Hillary Clinton, quindi lei vincerà le elezioni presidenziali. E ancora, si

affronteranno dilemmi morali. Quello noto del “carrello ferroviario”: i suoi freni

sono fuori controllo e si sta dirigendo a tutta velocità verso un gruppo di cinque

persone legate alle rotaie; c’è però una possibile scelta che il macchinista può fare,

cioè deviare verso un altro binario dove c’è solo una persona legata. Domanda:

cosa fareste al suo posto? Cosa è giusto fare? Come in una palestra, si allena il

pensiero.

Una novità nel panorama accademico italiano, mentre corsi in Critical Thinking

sono molto diffusi nelle università americane e anglosassoni. Da noi, oltre ai

seminari della Bocconi e della Luiss, l’unico insegnamento già avviato da alcuni

anni è alla Statale di Milano, tenuto da un filosofo della scienza, Federico Boem,

ma solo per gli studenti della magistrale in Scienze cognitive e processi

decisionali: «L’intento è cercare di rendere gli studenti critici anche nei confronti

della stessa disciplina che studiano, di non accettare i contenuti in modo

dogmatico». Boem si occupa in particolare dell’impatto dei big data nella ricerca

scientifica. «Noi filosofi lamentiamo da anni la mancata sensibilità su questi temi.

Quello di Bologna è un bel segnale: il pensiero critico è il principale antidoto

contro il dogmatismo o lo scetticismo radicale. Serve ai ragazzi, servirebbe a tutti.

La mancanza di pensiero critico tra l’altro fa più paura in persone con un alto

livello di istruzione». La sfida del professor Moruzzi e dal suo gruppo di Filosofia è

lanciata. «Finalmente – commenta Paolo Miccoli, ex presidente dell’Anvur – le

università si pongono di fronte alla precisa responsabilità di formare dei cittadini

consapevoli e non dei semplici studenti».

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